Un diploma di Federico Barbarossa attesta il castello era un tempo in mano ai conti Sambonifacio di Verona. L’ascesa di Ezzelino III da Romano come podestà del Comune veronese (1226) portò al possesso del maniero da parte dei conti Greppi, i quali, nel 1270, lo cedettero al Comune di Verona che vi installò un suo capitano. La contemporanea ascesa dei Della Scala portò ad una nuova fase della vita del paese (che divenne sede di capitaniato con 22 paesi sottoposti a tale giurisdizione) e del suo simbolo più importante. Il castello venne restaurato e rinnovato mentre, nel 1379, Cansignorio dotò il paese della cinta di mura ancor oggi visibile.
La fine della dinastia scaligera portò nuovi padroni al castello: prima i Visconti milanesi e poi i Carraresi padovani. Questi ultimi lo perderanno (1405) a causa dell’arrivo delle truppe della Repubblica di Venezia, appoggiate dagli abitanti soavesi. Nel 1439, le truppe viscontee del condottiero Niccolò Piccinino s’impadronirono di Soave ma la vittoria di Giovanni Pompei sul monte Bastia (odierno confine tra Cazzano di Tramigna e Montecchia di Crosara) permise all’esercito veneziano di tornare a possedere la zona.
Pericolo maggiore ci fu quando Venezia si trovò contro la Lega di Cambrai (1508): il castello e il paese di Soave vennero incendiati (con 366 soavesi passati a fil di spada); anche in questa occasione la Repubblica della città lagunare però riuscì ad avere la meglio (1516). A causa dell’eroismo del capitano Rangone e dei soavesi che, nel 1511, liberarono il castello, Venezia donò l’Antenna (un grande pennone) e lo stendardo di San Marco. Iniziò un periodo di pace però il castello era ormai superato per le tecniche di guerra (armi da fuoco) che si stavano affermando; la Repubblica veneziana, che aveva bisogno di denaro per sostenere la guerra contro i Turchi, cedette il castello prima in affitto e poi in proprietà alla famiglia nobile dei Gritti (che a sua volta lo subaffittarono a privati che trasformarono il castello in fattoria).
Caduto in stato di abbandono, è stato sottoposto a restauro nel 1890 dal senatore del Regno Giulio Camuzzoni – sindaco di Verona dal 1867 al 1883 – che ne divenne proprietario. È raggiungibile a piedi da piazza Antenna oppure percorrendo la strada asfaltata che sale a nord del paese.
Il mastio
Al grande mastio si accede tramite un’apertura nel basamento; era il luogo di estrema difesa ma il mucchio di ossa trovate in questo luogo fa immaginare che sia stato anche luogo di tortura e prigione.
In alto c’era un trabocchetto. La persona (nobile) designata a morte, camminandoci sopra faceva scattare il trabocchetto e precipitava all’interno del mastio, morendo nella caduta. I prigionieri comuni venivano buttati direttamente.
La Caminata
La stanza centrale è detta Caminata per via del grande camino presente. Sulla tavola son presenti (in alcune cassette) oggetti trovati nel restauro (o prima) del castello come monete romane e veneziane , frammenti di armi ma anche strumenti di guerra provenienti da altri castelli e monete e medaglie ritrovate in più tempi a Soave. Tra la tavola e il grande camino c’è una panca con lo schienale ribaltabile, così si poteva sedere a tavola e sedersi davanti al camino solo ribaltando lo schienale, senza dover girare tutta la panca.
Dalla Caminata si accede ad un cortile piccolo aperto in epoca veneziana. La stanza centrale comunica poi con la camera da letto (in cui è da notare l’affresco duecentesco del crocefisso tra la Madonna e la Maddalena) e con la sala da pranzo. Nella sala da pranzo è interessante il lampadario. Quando c’erano ospiti graditi, venivano messe delle candele lunghe, se l’ospite era sgradito, invece, le candele erano corte.
@ 2020-Az. Agr. Le Pergolette di Toniolo Enrico e figlio - Società agricola, via Pergolette 29, 35034 Lozzo Atestino (PD).Tel. 042994297 PI 04346080288